25 Febbraio 2022
Agricoltori padovani a Mestre: no alla guerra e alle speculazioni che affossano la nostra economia

Sono giunti da tutta la provincia di Padova gli oltre cento agricoltori padovani che questa mattina hanno partecipato alla manifestazione di Coldiretti Veneto a Mestre per dire no alla guerra che soffoca l’economia e fa volare prezzi e spese, mettendo in crisi migliaia di aziende agricole. A Forte Marghera, animali al seguito e i prodotti a rischio circa 800 agricoltori veneti hanno manifestato per dire STOP ALLE SPECULAZIONI che stanno strozzando le aziende agricole e NO ALLA GUERRA che compromette  le esportazioni agroalimentari Made in Italy in Russia e in Ucraina che nel 2021 hanno complessivamente superato un miliardo di euro. Giovani, donne, allevatori e pescatori insieme ai rappresentanti delle istituzioni si sono alternati sul palco per sostenere un’azione condivisa a tutela del patrimonio agroalimentare e degli anelli deboli della filiera: produttori e consumatori.

La delegazione padovana, guidata dal presidente Massimo Bressan e dal direttore Giovanni Roncalli, ha visto la partecipazione di donne imprenditrici e giovani, allevatori e produttori concordi nel denunciare i rincari dei costi delle materie prime. “I costi energetici sono raddoppiati per allevamenti e serre, - ha spiegato Massimo Bressan dal palco – il costo dei mangimi è anche triplicato, sono voci che incidono sulle spese aziendali e vanno a erodere il reddito che già ha un margine risicato. Se il consumatore paga un euro per un prodotto all'agricoltore vanno appena 15 cent, con questi magri guadagni l'impennata delle spese mette in crisi le aziende”. Andrea Galdiolo, allevatore di Villafranca Padovana, conferma: “Le bollette di elettricità e gas sono praticamente raddoppiate, mentre il latte che produciamo ci viene pagato sempre lo stesso e solo dopo lunghe battaglie”. A Selvazzano nell’azienda specializzata nella coltivazione di cereali di Ettore Menozzi Piacentini non va certo meglio: “La situazione attuale di aumento dei prezzi ci sta mettendo in grave difficoltà e rischia di ripercuotesi sulle tasche dei cittadini ma anche sulla disponibilità dei prodotti”. Silvia Girotto, floricoltrice di Anguillara Veneta a Mestre ha allestito con i suoi fiori a Forte Marghera il “Giardino della pace” per dire no alla guerra che sconvolge oltre che le vite delle persone anche i mercati. Accanto a lei i giovani agricoltori padovani hanno presentato il tavolo delle verità con i principali prodotti di stagione e dell’agricoltura locale e il prezzo riconosciuto all’origine, spesso qualche decina di centesimi contro gli euro pagati dal consumatore.

“Gli effetti dell’invasione russa si riflettono– sottolinea Bresan -  direttamente sulla produzione alimentare, soprattutto a causa dei rincari dei fertilizzanti, legati agli aumenti del gas ma anche alle mosse di Putin che ha deciso di imporre il divieto all’esportazione di nitrato di ammonio, prodotto fondamentale per la concimazione del grano, di cui rappresenta da solo circa un quarto dei costi complessivi di coltivazione. Una decisione assunta per mettere in difficoltà la produzione europea di cereali, fortemente dipendente dalle materie prime estere. La conseguenza è una riduzione generale della disponibilità sui mercati che, oltre a far schizzare in alto i prezzi con rincari di oltre il 170% (da 250 euro/tonnellata a 670 euro/tonnellate), mette di fatto a rischio la produzione europea di grano, a partire da quella italiana. Il nitrato di ammonio viene, infatti, a mancare proprio nella fase decisiva per la crescita delle spighe, diminuendo inevitabilmente la produttività con il taglio dei raccolti.

Una scelta che danneggia gravemente le aziende agricole – aggiunge il presidente di Coldiretti Padova - già in difficoltà a causa dei rincari di tutti i fertilizzanti legati all’impennata del costo del gas scatenata dal conflitto. L’urea è balzata a 750-800 euro a tonnellata contro i 350 euro a tonnellata dello scorso anno, secondo il report di Cai – Consorzi Agrari d’Italia, mentre il perfosfato minerale è passato da 170 agli attuali 330 euro/tonnellata, mentre i concimi a contenuto di potassio sono schizzati da 450 a 850 euro/tonnellata”.

Il risultato è che il 30% delle imprese agricole è costretta a ridurre i raccolti, secondo l’indagine Coldiretti/Ixe’, con una situazione insostenibile che mette a rischio le forniture alimentari e, con esse, la sovranità alimentare del Paese che è già obbligato ad importare il 64% del grano per il pane, il 44% di quello necessario per la pasta, ma anche il 16% del latte consumato e il 49% della carne bovina e il 38% di quella di maiale. Senza dimenticare il mais e la soia fondamentali per l’alimentazione degli animali e per le grandi produzioni di formaggi e salumi Dop, dove con le produzioni nazionali si riesce attualmente a coprire rispettivamente il 53% e il 73%, secondo l’analisi del Centro Studi Divulga.

Al fianco degli agricoltori è sceso per primo Luca Zaia Presidente della Regione del Veneto insieme agli assessori regionali all’agricoltura Federico Caner  e del territorio Cristiano Corazzari, al Presidente del Consiglio Veneto Roberto Ciambetti, ai vice Francesca Zottis e Nicola Finco, ai consiglieri regionali Marco Dolfin, Silvia Cestaro,  Laura Cestari, Roberto Bet, Gianpiero Possamai, Enoch Soranzo, Giovanni Puppato, Gabriele Michieletto. C’erano anche numerosi  primi cittadini  del veneziano con la fascia tricolore, fra i quali il sindaco di Venezia, per sottolineare la preoccupazione contro la guerra scatenata da Putin che affossa l’economia e il lavoro. Se le vendite in Russia hanno raggiunto lo scorso anno 670 milioni di euro con un aumento del 14% rispetto al 2020, dovuto soprattutto a pasta, vino e spumante, quelle in Ucraina valgono altri 350 milioni di euro, secondo l’analisi Coldiretti su dati Istat.

Gli effetti del conflitto ucraino rischiano dunque di cancellare completamente il Made in Italy a tavola dai mercati di Mosca e Kiev – denuncia la Coldiretti - aggravando ulteriormente gli effetti dell’embargo deciso da Putin con il decreto n. 778 del 7 agosto 2014, e da allora sempre prorogato, come risposta alla sanzioni decise dall’Unione Europea, dagli Usa ed altri Paesi per l’annessione della Crimea. Un blocco che è già costato alle esportazioni agroalimentari tricolori 1,5 miliardi negli ultimi 7 anni e mezzo.

Il Decreto di embargo tuttora in vigore colpisce – sottolinea la Coldiretti – una importante lista di prodotti agroalimentari con il divieto all’ingresso di frutta e verdura, formaggi, carne e salumi, ma anche pesce, provenienti da Ue, Usa, Canada, Norvegia ed Australia. L’agroalimentare – spiega la Coldiretti – è, fino ad ora, l’unico settore colpito direttamente dall’embargo che ha portato al completo azzeramento delle esportazioni in Russia dei prodotti Made in Italy presenti nella lista nera, dal Parmigiano Reggiano al Grana Padano, dal prosciutto di Parma a quello San Daniele, ma anche frutta e verdura.

Al danno diretto delle mancate esportazioni in Russia si aggiunge – continua la Coldiretti – la beffa della diffusione sul mercato russo di prodotti di imitazione che non hanno nulla a che fare con il Made in Italy, realizzati in Russia come parmesan, mozzarella, robiola, o nei Paesi non colpiti dall’embargo come scamorza, mozzarella, provoletta, mascarpone e ricotta Made in Bielorussia, ma anche salame Milano e gorgonzola di produzione Svizzera e reggianito di origine brasiliana o argentina. Nei supermercati russi si possono trovare fantasiosi surrogati locali che hanno preso il posto dei cibi italiani originali, dalla mozzarella “Casa Italia” all’insalata “Buona Italia”, dalla robiola Unagrande alla mortadella Milano. Il danno – conclude la Coldiretti – riguarda anche la ristorazione italiana in Russia che, dopo una rapida esplosione, ha dovuto rinunciare ai prodotti alimentari Made in Italy originali.

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