8 Marzo 2010
PRONTI AL REFERENDUM PER DIRE NO AGLI OGM

 “Sugli Ogm siamo pronti a ricorrere anche al referendum per tenere fuori dai confini nazionali i prodotti geneticamente modificati. Non solo, useremo tutti i mezzi a disposizione per impedire la coltivazione in Veneto come in tutto il territorio”. Il presidente di Coldiretti Padova Marco Calaon conferma la netta contrarietà della stragrande maggioranza degli imprenditori agricoli alla decisione della Commissione Europea in materia di organismi geneticamente modificati che di fatto inverte l’attuale quadro normativo.
“Ancora una volta ci troviamo di fronte all’arroganza delle multinazionali, - aggiunge Calaon - che in tutti i modi stanno provando a rilanciare la questione OGM con il malcelato obiettivo dell’omologazione globale, dell’azzeramento delle distintività, della distruzione dei valori dell’Italia delle mille campagne. Il modello produttivo cui è orientato l’impiego Ogm è il grande nemico della tipicità e della biodiversità. In Italia e anche nel nostro Veneto, per la conformazione morfologica dei nostri terreni e le dimensioni delle nostre aziende, non sarebbe possibile evitare le contaminazioni e sarebbe violata la sacrosanta libertà della stragrande maggioranza degli agricoltori e cittadini di avere i propri territori liberi da ogm. La Coldiretti chiede invece,  con decisione una etichettatura chiara che permetta di sapere se il cibo che mangiamo  contiene, direttamente o indirettamente, organismi geneticamente modificati”.
Coldiretti approva l’iniziativa con cui il Ministero delle Politiche Agricole ha deciso di avviare la procedura per richiedere alla Commissione Europea la clausola di salvaguardia con cui bloccare la commercializzazione e la coltivazione della patata biotech nel nostro Paese. “Condividiamo la posizione della Santa Sede – prosegue Calaon - che ci incoraggia a sostenere un modello di sviluppo economico e agroalimentare a misura d'uomo per rimuovere le vere cause della fame nel mondo, soprattutto di carattere sociale e istituzionale piuttosto che collegabili alla carenza di cibo”.
Quanto alla decisione dell’esecutivo comunitario sulla libertà di semina, questa iniziativa dà valore alla scelta lungimirante fatta dall’Italia per un agricoltura libera da Ogm grazie all’impegno di un vasto schieramento che comprende Coldiretti, movimenti ambientalisti, consumatori e istituzioni in rappresentanza della maggioranza dei cittadini e agricoltori italiani che sono contrari al biotech nei campi e nel piatto. In ciò confermando la recente indagine annuale Coldiretti-Swg "Le opinioni di italiani e europei sull'alimentazione”. Il 72 per cento dei cittadini italiani che esprimono una opinione ritiene che i prodotti alimentari contenenti organismi geneticamente modificati siano meno salutari rispetto a quelli tradizionali.
Oltre che dai sondaggi la nostra posizione viene avvalorata anche da quanto sta accadendo negli altri Stati Europei dove, a dodici anni dalla loro introduzione, le coltivazioni biotech sono già in calo e rappresentano molto meno dell’uno per cento del totale perché, di fatto, non sono riuscite a trovare un mercato, vista la persistente contrarietà dei consumatori ad acquistare prodotti geneticamente modificati.
Una contrarietà giustificata dai crescenti dubbi sul piano sanitario e ambientale che nel corso del 2009 hanno portato il governo tedesco a vietare il mais Mon 810 (che alcuni vorrebbero seminare in Italia) a seguito di nuove acquisizioni circa gli effetti negativi sull’apparato intestinale, sugli organismi del terreno e sulla dispersione del polline, con contaminazioni derivanti dalla impollinazione incrociata tra coltivazioni transgeniche e non.
Si sono ridotti a soli sei, su ventisette, i Paesi Europei dove - sottolinea la Coldiretti - è possibile coltivare il mais BT geneticamente modificato, l’unico presente nel Vecchio Continente. Peraltro il drastico crollo del 12 per cento nei terreni seminati con organismi geneticamente modificati (ogm) in Europa nel 2009 dimostra che si è verificata una inversione di tendenza a conferma che fatto che nel coltivare prodotti transgenici non c’è neanche convenienza economica, anche nei Paesi dove è stato ammesso.
Il pressing delle multinazionali è fallito in Europa ma ha avuto successo nei paesi meno sviluppati dove però le coltivazioni ogm non solo non hanno risolto il problema della fame, ma hanno anche aggravato la dipendenza economica dall'estero. Una situazione di cui stanno prendendo coscienza numerosi Paesi come dimostra la scelta del governo indiano nel 2010 di respingere al mittente la prima melanzana modificata geneticamente  pronta ad arrivare sul mercato. La decisione assunta sulla base del principio della precauzione è stata sostenuta - riferisce la Coldiretti - da agricoltori, scienziati e organismi non governativi preoccupati degli effetti sulla salute e sulla biodiversità della eventuale commercializzazione del prodotto.

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